Il prossimo anno celebreremo i 20 anni dall’entrata in vigore del D.Lgs 626/94. Dopo innumerevoli norme applicative, un’ulteriore riforma introdotta con il D.Lgs 81/08 e una valanga di decreti attuativi è il momento di fermarsi e fare il punto della situazione. Lasciamo giudicare ai lettori se ne vale la pena ma questa analisi offre riscontri a dir poco sconcertanti. Nel 1994, all’epoca della pubblicazione del D.Lgs 626/94, le statistiche nazionali contavano ogni anno circa 1.200.000 infortuni. La corposa normativa esistente di igiene e sicurezza sul lavoro (SSL) era ampiamente disattesa e ci si propose come obiettivo quello di far applicare le norme per ridurre gli infortuni. Lo strumento messo a disposizione per perseguire questo obiettivo fu il D.Lgs 626/94, impostando anche una fase di osservazione e controlli. La novità del 626 rispetto alla normativa preesistente consisteva in una “rivoluzione” gestionale che doveva segnare il definitivo superamento dell’approccio prescrittivo. Le prime verifiche sullo stato di attuazione della normativa di SSL mostravano non solo difficoltà gestionali delle aziende, ma anche resistenze nel cambiare approccio, nonché carenze organizzative, carenze di controlli e una insufficiente applicazione delle norme vigenti. Da quel momento in poi la SSL è entrata di diritto nei grandi temi di attualità e discussione politica, dal 1994 in poi si è messo in moto un salto culturale che ha segnato un innalzamento della domanda di salute e sicurezza. I risultati di tutto questo si sono iniziati a vedere dopo qualche anno e gli indici infortunistici hanno iniziato lentamente a scendere.

A cura di Para Celso

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